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Senza più commenti: cancellata da CF e ed altre storiacce

IL POTERE FORENSE CI USA COME PUPAZZI
Nessuno si lasci annebbiare dal titolo. Ovvio che i Colleghi non sono pupazzi. Non sono in discussione i colleghi. Il commento è per il trattamento elargito da CF a tanti colleghi. Il senso è questo. Non va equivocato.

L'ESPERIENZA DI UNA COLLEGA E CHISSA' DI QUANTI ALTRI COLLEGHI

"Sono un Avvocato del foro di Messina e se mi sono determinata a parlare del mio caso è perché coltivo la speranza che possa dare coraggio a chi si sente vessato e, sotto il peso dei balzelli, ha pensato di gettare la spugna e cancellarsi dall´Albo.

Nell´anno 1996 richiedevo l´iscrizione alla Cassa Forense per poter godere di una tutela previdenziale. In una realtà depressa come quella della mia città, a fronte di guadagni poco consistenti, versavo il minimo contributivo, sino a quando nell´anno 2004 la Cassa deliberava la mia cancellazione d´ufficio per mancato raggiungimento dei minimi reddituali, con conseguente restituzione dei contributi versati (possibilità all´epoca ancora consentita).

La cancellazione d´ufficio, per me che interpreto la professione come, oserei dire, una missione che svolgo compenetrandomi nei casi umani, con una dedizione assoluta alla causa, fu una profonda mortificazione, uno svilimento della mia dignità professionale in un´ottica che non condivido e che poneva il guadagno come requisito per inferire la continuità professionale e il diritto ad una tutela previdenziale.

Continuai a mantenere l´iscrizione all´albo professionale e ad esercitare con discontinuità per una serie di vicende personali che mi impedirono di conseguire i livelli reddituali che avrebbero comportato l´obbligatorietà di una nuova iscrizione alla Cassa.

In forza della legge 31 dicembre 2012, n. 247 la Giunta esecutiva della Cassa Forense nella seduta del 17.12.2014 deliberava la mia iscrizione d´ufficio a decorrere dall´anno 2014. Essendo stata negli anni 2013, 2014 percettore di un reddito annuo inferiore ad € 10.300,00, richiedevo l´applicazione dell´art. 9 del Regolamento di attuazione che prevede, per un arco temporale limitato ai primi otto anni di iscrizione alla Cassa, anche non consecutivi, la facoltà, per i percettori di redditi professionali ai fini IRPEF inferiori a € 10.300,00, di versare il contributo soggettivo minimo obbligatorio in misura pari alla metà di quello dovuto, con il riconoscimento di un periodo di contribuzione di sei mesi in luogo dell´intera annualità. Il Consiglio di Amministrazione di Cassa Forense rigettava la mia richiesta, adducendo l´impossibilità di fruire dei suddetti benefici essendo già stata iscritta alla Cassa, deliberatamente ignorando che il regolamento in nessun punto parla di prima iscrizione, ma di primi otto anni di iscrizione.

La lettura dell´art 9 del reg. di attuazione dell´art 21 della legge 247/12, propugnata da Cassa Forense, volta ad escluderne l´applicazione nei confronti di chi sia stato iscritto alla Cassa e poi cancellato, oltre a non essere conforme a giustizia perché concretizza una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che si trovino nelle medesime condizioni reddituali, è contraddetta dalle ragioni che hanno portato alla sua introduzione. La ratio delle citate norme regolamentari non è infatti soltanto quella di agevolare i giovani avvocati che si affacciano per la prima volta sul mondo della libera professione forense, bensì quella di consentire ai professionisti percettori di un reddito professionale ai fini I.R.P.E.F. inferiore a € 10.300,00 la riduzione della metà del solo contributo soggettivo limitatamente all´arco temporale relativo ai primi otto anni di iscrizione alla Cassa (non di prima iscrizione!!). Sarebbe pertanto irragionevole escludere dall´applicazione della normativa invocata chi sia stato cancellato dalla Cassa d´ufficio per difetto del requisito della continuità professionale e per il mancato raggiungimento dei parametri reddituali, e che oggi, al momento della iscrizione d´ufficio, si trovi nella stessa posizione di chi non sia mai stato iscritto.

L´irragionevolezza assurge al massimo livello in quanto il versamento dei contributi è imposto a prescindere da ogni considerazione relativa all´età del soggetto che si iscrive all´Albo, il quale, dunque, potrebbe (come nel mio caso) non raggiungere in relazione all´età di iscrizione alla Cassa il numero di anni contributivi necessari per il conseguimento della pensione.
La funzione solidaristica della contribuzione previdenziale viene, evidentemente, interpretata unilateralmente, in quanto nel caso in esame non verrebbe in alcun modo tutelata la funzione previdenziale della contribuzione versata.



Ma non finisce qui.
Nonostante la pendenza di un giudizio sulla legittimità della pretesa creditoria, Cassa Forense ha trasmesso il ruolo all´Agente di Riscossione, costringendomi a proporre ricorso anche avverso la cartella esattoriale. Nel ricorso avverso la cartella esattoriale oltre a sollevare gli stessi motivi di doglianza sollevati nel ricorso avverso la delibera di diniego, ho chiesto che venisse rimessa alla Corte Costituzionale la questione di incostituzionalità dell´art. 21 comma 8, 9 e 10 della L. 31/12/2012 n. 247, e del connesso e conseguenziale art. 2 del Regolamento Contributi emanato dalla Cassa Forense (sia ante che post 2013), che stabilisce un contributo minimo soggettivo obbligatorio dovuto a prescindere da ogni e qualsiasi proporzionalità con il reddito prodotto. Ho chiesto ancora che venisse disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee dei Regolamenti dei contributi emanati da Cassa Forense, per la verifica della loro conformità rispetto all´art. 15 comma 1 e dell´art. 21 comma 1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell´Unione Europea, e ciò ai sensi dell´art. 267 TFUE.

I due giudizi sono stati riuniti e sono tutt´ora pendenti. E´ stata accolta l´istanza di sospensiva avendo il Giudicante ritenuta la sussistenza di gravi motivi, (attinenti esclusivamente alle doglianze sollevate), e ora attendo l´udienza di discussione.

Questa la mia situazione! Avrei potuto cancellarmi, evitando il peso (perché di peso si tratta) di un giudizio contro l´Ente che istituzionalmente dovrebbe tutelarmi, ma mi sono rifiutata di farlo perché io sono e resto Avvocato e come Avvocato devo difendere innanzitutto me stessa.
Ho deciso di non mollare, di oppormi all´eccessiva rigidità del sistema previdenziale che sottopone i titolari di reddito da 0 a 20mila euro ad un´aliquota doppia rispetto all´aliquota normale di contribuzione soggettiva che dal 2017 è pari al 14,50% sino al tetto pensionabile (dal 2021 sarà del 15%, n.d.r.).

Ho deciso di combattere contro l´irragionevolezza del sistema che, per come è strutturato, rischia di portare fuori dalla professione migliaia e migliaia di avvocati, e l´ho fatto confidando nella giustizia. E non solo, ma anche attraverso l´ associazionismo ("Azione Forense", n.d.r.). Infatti, mi sono unita ad altri colleghi che come me hanno deciso di non tacere, di non arrendersi, di ´sfidare´ le istituzioni, non solo forensi, con l´intento di dare voce a quella Avvocatura che ha bisogno di recuperare la propria dignità, la propria funzione costituzionale di garanzia della giustizia, a quella Avvocatura che ogni giorno lotta, soffre e spera nella difesa delle istanze dei cittadini con la consapevolezza che un´Avvocatura che non sa difendere sé stessa, non può difendere adeguatamente i cittadini." Firmato Cetty Di Bella

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