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OBBLIGO CONTRIBUITI MINIMI AVVOCATO: SEGNALAZIONE ALL'AGCM #avvocati #AGCM #antitrust

Immagine | Concorrenza sleale | Soccer | via pixabay


Alla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
Piazza G. Verdi, 6/a
00198 Roma
pec: protocollo.agcm@pec.agcm.it


SEGNALAZIONE

da inviare al Parlamento, al Governo e ad altre amministrazioni su norme e progetti normativi ai sensi e per gli effetti degli art. 21 e 22 della legge n° 287/1990 per restrizione della concorrenza, abuso di posizione dominante, violazione della riservatezza dei dati personali

OGGETTO: Denuncia di violazione della Costituzione della Repubblica Italiana, della Carta Sociale Europea, dei Trattati istitutivi dell'Unione Europea, della concorrenza e del mercato dei servizi professionali, nonché della riservatezza dei dati personali

Lo scrivente Avvocato....................... , domiciliato ai fini della presente procedura alla scrivente pec: ........................................., espone quanto di seguito.






In data 31 dicembre 2012 è stata promulgata la Legge 31 dicembre 2012, n° 247, recante Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n° 15 del 18 gennaio 2013. 



La Legge per cui è discorso è palesemente in contrasto, per quel che interessa l'Autorità nazionale adita, con la Costituzione della Repubblica Italiana, con la Carta Sociale Europea, con i Trattati istitutivi l'Unione Europea, con la legislazione europea e nazionale sulla tutela della concorrenza e sulla rimozione delle restrizioni alla medesima, nonché con i principi propri di ogni ordinamento democratico rispettoso dei diritti umani fondamentali ed, in ultimo, con la riservatezza dei dati personali sancita con la normativa europea e nazionale (di cui al Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n° 196), che la giurisprudenza del giudice del diritto e delle leggi riconosce essere principio generale dell'ordinamento italiano ed europeo.



In particolare, l'Art. 15 della summenzionata Legge di riforma dell'ordinamento forense rubricato "Albi, elenchi e registri" dispone che presso ciascun consiglio dell'ordine degli avvocati sono istituiti e tenuti aggiornati, fra gli altri, alla lettera e): "l'elenco degli avvocati sospesi dall'esercizio professionale per qualsiasi causa, che deve essere indicata, ed inoltre degli avvocati cancellati per mancanza dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione".



Altresì, l'art. 21 del testo citato rubricato "Esercizio professionale effettivo, continuativo, abituale e prevalente e revisione degli albi, degli elenchi e dei registri; obbligo di iscrizione alla previdenza forense" dispone che: "La permanenza dell'iscrizione all'albo e' subordinata all'esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale.

Le modalita' di accertamento dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, le eccezioni consentite e le modalita' per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite, con esclusione di ogni riferimento al reddito professionale". 

Tale obbligo di tenuta da parte dei Coa territoriali di un elenco degli avvocati cancellati dall'esercizio della professione (art. 15, comma 1, lettera e) del testo di riforma) per carenza del requisito della continuità, abitualità, prevalenza ed effettività dell'esercizio professionale è ictu oculi una contraddizione in termini. Infatti, per il regime delle incompatibilità in base alla nuova e vecchia normativa professionale non si può fare altro lavoro se non l'avvocato ("Art. 18, rubricato "Incompatibilità" 1. La professione di avvocato e' incompatibile: a) con qualsiasi altra attivita' di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l'esercizio dell'attivita' di notaio.

E' consentita l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro; b) con l'esercizio di qualsiasi attivita' di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. E' fatta salva la possibilita' di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa; c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di societa' di persone, aventi quale finalita' l'esercizio di attivita' di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonche' con la qualita' di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonche' con la qualita' di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L'incompatibilità non sussiste se l'oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico; d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato").

Da ciò discende chiaramente che chi si iscrive all'albo ha certamente intenzione di fare l'avvocato, ma non gli si può certo imporre un obbligo di successo professionale, in quanto tale evento è soggetto ad una alea fortissima, indipendente palesemente dalla volontà del soggetto (chi non vorrebbe, infatti, avere successo professionale?). 

L'avvocato che è in regola coi i crediti formativi e/o con l'obbligo di aggiornamento professionale è sicuramente un avvocato preparato a difendere nei giudizi in cui è competente (preciso dovere deontico, fra l'altro) e non lo si può togliere dal mercato perché non ha un sufficiente (indeterminato) numero di cause.

Tale deteriore conseguenza della novella legislativa è gravemente lesiva della concorrenza e della scelta del professionista da parte del cittadino perché precostituisce e legittima una rendita di posizione a favore degli avvocati che sono sul mercato dei servizi legali da molto tempo e di chi eredita per motivi di parentela e/o di amicizia studi legali avviati, tale da configurare una vera e proprio abuso di posizione dominante a favore degli avvocati che sono già sul mercato.

Cancellazione, per di più, che viola in maniera flagrante il diritto costituzionalmente tutelato alla scelta del lavoro in uno con l'art. 4 della Carta costituzionale. Cancellazione che impone, altresì, assurdamente un obbligo di successo professionale, nonché, per quello che è la competenza dell'Autorità in intestazione, la gogna dell'iscrizione nell'elenco degli avvocati cancellati che non ha alcuna giustificazione plausibile, in quanto la cancellazione non è imputabile ad indegnità ma solo ad un presunto insuccesso professionale, non delle liti in giudizio, ma, plausibilmente, sul loro numero, in spregio ad ogni sbandierata privacy, oltre alla violazione di ogni elementare normativa fondamentale comunitaria e della CEDU!

Cancellazione che viene disposta non per la tutela di un interesse pubblico qualificato, sibbene per creare mero disdoro professionale all'avvocato che riceverà tale sanzione disciplinare per non aver commesso alcun illecito disciplinare, e che sarà nell'elenco degli avvocati cancellati insieme agli avvocati radiati per indegnità! Inoltre, ci si domanda, i colleghi cancellati per carenza del predetto requisito saranno obbligati all'obolo della tassa professionale? Oibò! Senza, naturalmente per giunta, poter impedire la reiscrizione del collega avvocato, che sarà regolata, secondo la normativa novellata, da un decreto legislativo del Ministero della Giustizia sentito il parere del Cnf, in quanto, evidentemente, la cancellazione non è imputabile ad indegnità. Cancellazione per carenza del requisito della continuità, abitualità, prevalenza ed effettività dell'esercizio professionale che nessuna corporazione esponenziale professionale ordinistica si trova a dover avere, con le censure evidenti di costituzionalità conseguenti in ragione di identiche situazioni giuridiche diversamente e immotivatamente regolate, in spregio del principio di eguaglianza. Conclusivamente, si rileva come le disposizioni censurate nel presente scritto, contenute nella Legge 31 dicembre 2012, n° 247 recante Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense e nel relativo emanando Regolamento ex art. 21, comma 1 della Legge in discorso, violino in maniera manifesta anche trattati internazionali giuridicamente cogenti per l'ordinamento italiano. In particolare, la parte I, numero 1) della Carta Sociale Europea: "Ogni persona deve avere la possibilità di guadagnarsi la vita con un lavoro liberamente intrapreso"; l'Art. 8 della CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA: "Protezione dei dati di carattere personale 1. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. 2. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica. 3. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un'autorità indipendente"; l'Art. 15 della CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA: "Libertà professionale e diritto di lavorare 1. Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata. 2. Ogni cittadino dell'Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro. 3. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione"; l'Art. 21 della CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA: "Non discriminazione 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali". In ultimo, si segnala all'Autorità nazionale adita come è stata prevista dalla legge di riforma l'automatica iscrizione dell'iscritto all'albo degli avvocati alla Cassa forense, con obbligo di pagamento dei contributi previdenziali anche in presenza di reddito nullo o basso. Tale obbligo, che scattava nel vigore della normativa anti-riforma, al raggiungimento di 9.600 euro netti, scatta addì, viceversa, per il solo fatto di iscrizione all'albo. Ad oggi gli iscritti alla Cassa forense sono stati 140 mila circa a fronte dei circa 250 mila iscritti agli albi. Si rileva, inoltre, che ogni anno l'avvocato iscritto all'albo ha l'obbligo, pena commissione di illecito disciplinare, di inviare il c.d. Mod. 5, che certifica il suo reddito alla Cassa forense, onde consentire a quest'ultima di iscrivere l'avvocato alla previdenza obbligatoria in caso di raggiungimento della soglia dei 9.600 euro netti ovvero 15.000 euro circa di affari Iva. Ebbene, da decenni (anche perché entarno ogni anno circa 20 mila nuovi avvocati all'anno) circa 80 mila avvocati hanno dichiarato zero euro di reddito e altri 80 mila circa redditi di gran lunga inferiori a 10.300 euro, di talché costringerli a versare i contributi previdenziali anche in carenza della produzione di reddito è gravemente incostituzionale ed è ingeneratore di vero e proprio panico nella classe forense di base (a tal proposito è bastevole visionare il sito dell'Aiga che denuncia l'autocancellazione di 150 mila avvocati dagli albi per evitare di pagare contributi su redditi inesistenti). Tuttavia, tale (auto-imposta)cancellazione degli avvocati è gravemente lesiva dei diritti dei cittadini in quanto si è perfezionato un meccanismo per cui solo chi ha una clientela avviata può continuare ad esercitare l'attività di avvocato e chi non ce l'ha non potrà mai accedervi (tranne se figlio, parente o amico di avvocato), distruggendo la concorrenza nel mercato dei servizi legali (vero scopo della controriforma sbandierata dai suoi promotori forensi in tutti i contesti, vedansi dichiarazioni del Presidente della Cassa Forense Avv. Nunzio Luciano al Corriere Economia del 12 gennaio 2015 che si allegano alla presente pec) e tornando alla corporazione medievale di 30 anni fà. Inoltre, lo scopo anti-concorrenziale è accentuato con precisione diabolica dall'obbligo di stipulazione di polizza infortuni il cui costo esorbitante (ad oggi circa 2000 euro annui pro-capite) impedisce ulteriormente l'accesso alla professione (art. 12, comma 2: "All'avvocato, all'associazione o alla società tra professionisti è fatto obbligo di stipulare, anche per il tramite delle associazioni e degli enti previdenziali forensi, apposita polizza a copertura degli infortuni derivanti a sé e ai propri collaboratori, dipendenti e praticanti in conseguenza dell'attività svolta nell'esercizio della professione anche fuori dei locali dello studio legale, anche in qualità di sostituto o di collaboratore esterno occasionale"). Obbligo di stipula inconferente e del tutto avulsa (come se il lavoro di avvocato fosse intrinsecamente pericoloso od insalubre) che nessuna professione ordinistica si trova a dover avere, con le censure evidenti di costituzionalità conseguenti in ragione di identiche situazioni giuridiche diversamente e immotivatamente regolate, in spregio del principio di eguaglianza.

L'odierno concludente chiede espressamente, in ultimo, di essere notiziato della attività dell'Autorità adita, conseguente alla segnalazione depositata.



Roma, lì 14 gennaio 2015



Avv.





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